2025-10-16

Trasparenza retributiva e parità di genere: dall’obbligo normativo alla strategia aziendale

A cura dell’Avv.ta Giulia Leardi

La Direttiva UE 2023/970 cambia il modo di concepire il lavoro, introducendo una cultura della trasparenza e dell’equità retributiva come leva di competitività e sostenibilità.

Un cambiamento epocale nel diritto del lavoro

Con la Direttiva (UE) 2023/970, approvata il 10 maggio 2023, l’Unione Europea compie un passo decisivo nel rafforzare il principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne.

Gli Stati membri dovranno recepire la norma entro il 7 giugno 2026, ma l’impatto di questa riforma è già evidente: la trasparenza retributiva non è più una buona prassi volontaria, bensì un obbligo giuridico e una priorità strategica.

La Direttiva non si limita a ribadire un principio.

Introduce un sistema operativo dettagliato che coinvolge tutte le fasi del rapporto di lavoro, dalla selezione del personale alla gestione delle carriere, fino al monitoraggio continuo delle politiche retributive.

I nuovi obblighi per le imprese

La Direttiva stabilisce un nuovo standard europeo di trasparenza salariale, articolato in quattro pilastri principali:

1. Trasparenza prima dell’assunzione

Gli annunci di lavoro dovranno indicare la retribuzione o la fascia retributiva prevista per il ruolo; sarà vietato chiedere ai candidati informazioni sulla retribuzione attuale o pregressa.

L’obiettivo è garantire trattative eque basate sul valore della posizione, non sulla storia salariale individuale.

2. Accesso alle informazioni durante il rapporto di lavoro

Ogni lavoratore potrà chiedere dati sul proprio livello retributivo e su quello medio di chi svolge lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, distinti per genere.

I datori di lavoro dovranno rispondere entro due mesi, fornendo informazioni accessibili anche alle persone con disabilità.

3. Reporting periodico sul divario retributivo di genere

Le aziende con almeno 100 dipendenti saranno obbligate a redigere report periodici sul gender pay gap:

    • annuali per le imprese con oltre 250 dipendenti;
    • triennali per quelle tra 150 e 249;
    • triennali dal 2031 per quelle tra 100 e 149.

Le imprese sotto i 100 dipendenti potranno aderire su base volontaria o in forza di future disposizioni nazionali.

4. Valutazione congiunta e correzione delle disparità

Se emerge un divario retributivo medio pari o superiore al 5% non giustificato da criteri oggettivi, il datore di lavoro dovrà intervenire entro sei mesi.

In caso contrario, scatterà una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori e potranno essere applicate sanzioni.

Oltre la compliance: la trasparenza come strategia

Adeguarsi alla Direttiva non significa solo “evitare sanzioni”. Significa investire in reputazione, governance e sostenibilità.

Un approccio strategico alla pay transparency:

  • riduce i rischi legali e reputazionali,
  • consente di accedere a linee di credito ESG,
  • migliora la capacità di attrarre e trattenere talenti,
  • e valorizza la certificazione UNI/PdR 125:2022, oggi parametro di riferimento per le politiche di parità di genere.

La trasparenza retributiva, in altri termini, non è un costo: è un fattore di vantaggio competitivo.

“Lavoro di pari valore”: il cuore della Direttiva

Uno dei passaggi più innovativi della Direttiva riguarda la definizione di lavori di pari valore.
I datori di lavoro dovranno valutare i ruoli secondo criteri oggettivi e neutrali rispetto al genere, quali:

  • competenze richieste,
  • livello di responsabilità,
  • impegno necessario,
  • condizioni di lavoro,
  • e fattori oggettivi specifici del ruolo.

Per farlo, sarà essenziale introdurre sistemi di job architecture e job leveling, attraverso questi strumenti, le imprese possono creare cluster omogenei di ruoli, stabilire griglie retributive coerenti e misurare in modo puntuale il gender pay gap.

Misurare e monitorare: dai numeri alle azioni

Dal 2027, le aziende dovranno comunicare una serie di dati standardizzati:

  • divario retributivo medio e mediano di genere,
  • percentuale di donne e uomini in ciascun quartile retributivo,
  • divari nelle componenti variabili (bonus, premi, benefit),
  • e criteri di progressione economica.

Laddove le differenze non siano giustificabili, la Direttiva prevede l’inversione dell’onere della prova, risarcimenti integrali e tutela contro le ritorsioni.

Il principio è chiaro: la parità retributiva deve essere dimostrabile, tracciabile e verificabile.

Un nuovo modello di relazioni industriali

La Direttiva promuove anche un cambio di paradigma nelle relazioni sindacali.

Le parti sociali non sono più semplici destinatari di informazioni, ma attori attivi nel processo di verifica e costruzione delle politiche retributive.

Si passa da una logica difensiva a una logica collaborativa e preventiva, fondata su un dialogo strutturato volto a evitare il contenzioso e a favorire la compliance.

Il 7 ottobre, nel cuore di Milano, Palazzo Bocconi ha accolto un dialogo vivo e partecipato insieme a tante imprese che credono nell’inclusione come valore strategico e motore di competitività.

Da questa stessa convinzione nasce la collaborazione tra Lexellent e WINclusion: due realtà diverse ma complementari, che hanno scelto di unire competenze giuridiche, strategiche e organizzative per offrire alle imprese un supporto integrato e concreto nell’attuazione della Direttiva UE 2023/970 e, più in generale, nelle politiche di diversità, equità e inclusione.

Lexellent non è nuova a questo tipo di sinergie: nel tempo ha già collaborato con altri soci della Camera di Commercio, convinta che la rete tra professionisti sia la chiave per interpretare e accompagnare il cambiamento.

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