Breve commento a due arresti giurisprudenziali in tema di responsabilità degli amministratori nelle società per azioni
Studio Legale e Tributario IOOS
Avv. Andrea Girardi
La fonte normativa è l’art. 2392 del codice civile che, al primo comma, recita “Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche, competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori”.
La giurisprudenza, nelle seguenti pronunce, ha così delineato il perimetro di tale responsabilità:
L’azione di responsabilità sociale è esperibile nei confronti dell’amministratore che agisca in consapevole contrasto con le direttive impartitegli dai soci, venendo in rilievo un inadempimento dell’obbligo di diligenza professionale ex art. 2392 c.c. ogni qualvolta le sue condotte, valutate “ex ante”, risultino manifestamente avventate e imprudenti, né assumendo rilievo il principio di insindacabilità degli atti di gestione in presenza di scelte di natura palesemente arbitraria. (Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 28718 del 16/12/2020)
All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, poiché il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione (o le modalità e circostanze di tali scelte), anche se presentino profili di rilevante alea economica. In nessun caso, quindi, il giudice potrà sindacare il merito delle scelte imprenditoriali a meno che, se valutate ex ante, risultino manifestamente avventate ed imprudenti. (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 16/02/2023, n. 4849)
Per quanto concerne i principi sottesi alla citata giurisprudenza, è opportuno evidenziare che in capo agli amministratori coesistono doveri generali (ad es. di organizzare e gestire la società e il suo patrimonio al fine di preservare e ottimizzare il valore delle partecipazioni) e doveri specifici imposti dalla legge e dallo statuto (ad es. gli obblighi in tema di bilancio), doveri che, con riferimento alla responsabilità gestoria, non impongono comunque vincoli precisi e puntuali alla discrezionalità degli amministratori dato che l’operatività aziendale – o meglio il business – è connotata da un congenito fattore di rischio che motiva di per se stesso l’ampio margine di discrezionalità circa le decisioni imprenditoriali che sono assunte con l’accennato obiettivo di massimizzare il valore della società. Pertanto, la prima logica conseguenza di quanto sopra, è l’impossibilità di imputare una responsabilità agli amministratori qualora un affare si sia rivelato ex post infruttuoso. In tal senso gli amministratori assumono un’obbligazione di mezzi che impone loro di dotarsi di un set informativo quanto più completo possibile in merito ai rischi e ai benefici connessi all’ operazione. Si potrà ragionare, quindi, di responsabilità gestoria solo nel caso in cui sia dimostrata la negligenza nella gestione del procedimento informativo/istruttorio che precede la decisione, o, evidentemente, nei casi di assoluta irragionevolezza della decisione.
In sintesi, e richiamando la c.d. business judgment rule o giudizio prognostico postumo, è escluso che possa essere effettuato ex post un vaglio del merito e della bontà dell’operazione, salva ovviamente la verifica che l’operazione non risulti del tutto irrazionale ed aleatoria, ma l’indagine dovrà essere volta esclusivamente a verificare ed accertare la correttezza procedurale della decisione.
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