STUDIO LEGALE MENICHETTI
Efficacia meramente obbligatoria del preavviso (non lavorato) di licenziamento, sempre che il C.C.N.L. non attribuisca efficacia reale al preavviso
di Camilla Perusi
In giurisprudenza può dirsi ormai prevalente l’orientamento, secondo cui, “alla stregua di una interpretazione letterale e logico-sistematica dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale – che comporta, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine – ma obbligatoria. Ne consegue che, ove una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso” (Cass. n. 13988/2017).
Sempre in giurisprudenza è stato chiarito, però, che, nel caso in cui “la norma contrattuale pone una specifica disciplina del preavviso, disponendo […] che anche in caso di preavviso non lavorato trovino applicazione nel corso del periodo di durata del preavviso tutte le disposizioni relative ai trattamenti economici e previdenziali” (Cass. n. 27294/2018, che ha preso in esame l’art. 35, c. 6, C.C.N.L. dirigenti Terziario-Commercio), al preavviso va attribuita efficacia reale; da ciò derivando che, durante il periodo di preavviso, sebbene non lavorato, continueranno a trovare applicazione le eventuali modifiche di legge e/o di contratto incidenti sui trattamenti retributivi posti a base della indennità sostitutiva, ex art. 2118, c. 2, c.c., e ad avere rilievo eventi sopravvenuti, quali la malattia.
La Suprema Corte ha avvertito, dunque, la necessità di chiarire che un principio generale non può, di per sé, esimere dalla disamina degli effetti nel caso concreto previsti dalla contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro, che potrebbe stabilire una specifica (e più favorevole per il dipendente) disciplina in tema di preavviso.
Recente giurisprudenza di merito ha fatto tesoro di quest’ultimo insegnamento della Cassazione (in tal senso, la Corte Appello di Milano, con sentenza n. 368/2019, ed il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 500/2019).
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