2025-07-22

Rinnovabili: il TAR Molise conferma la prevalenza della normativa statale

Il TAR Molise, Sez. I, con la sentenza n. 190/2025, ha accolto il ricorso, seguito dallo Studio Sani Zangrando, proposto contro il Comune di Larino (CB) avverso il provvedimento di divieto di avvio dei lavori e il diniego di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un impianto fotovoltaico con moduli a terra ubicato in area idonea ex lege, nonché tutti gli atti presupposti, incluso il parere contrario della Soprintendenza. In accoglimento del ricorso proposto, dunque, il Tribunale ha annullato tutti gli atti impugnati.

Nel caso di specie il progetto dovrebbe essere realizzato su un’area idonea ex lege ai sensi dell’art. 20, comma 8, lett. c. ter n. 1 e n. 2 del D.lgs. n. 199/2021, normativa secondo cui “sono considerate aree idonee (…) esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere; 2) le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall’articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento”. Dunque, il Giudice Amministrativo ha ribadito la prevalenza delle norme di legge che qualificano l’area come idonea ai sensi dell’art. 20 del D.lgs. n. 199/2021 rispetto alle norme tecniche del piano paesaggistico e alle norme del regolamento comunale che vietavano la realizzazione dell’impianto in area agricola.

È stato chiarito anche come il parere della Soprintendenza, secondo la deroga alla disciplina stabilita dalla normativa statale più recente, non abbia carattere vincolante (cfr. art. 22 del D.lgs. 199/2021), accogliendo la tesi ricorsale per cui il Comune, non considerando l’idoneità ex lege dell’area, ha adottato i provvedimenti impugnati recependo acriticamente i pareri contrari della Soprintendenza erroneamente considerati come vincolanti, “omettendo di far luogo al necessario bilanciamento tra gli interessi pubblici in conflitto: bilanciamento vieppiù doveroso proprio in considerazione del fatto che l’impianto della ricorrente avrebbe dovuto essere realizzato, come detto, in area individuata ex lege come “idonea” a ospitare – in via preferenziale rispetto ad altri siti – impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”.

Tali elementi, dunque, rendono cedevoli, tra gli altri, anche i vincoli paesaggistici posti dai Piani Territoriali Paesistico-Ambientali di Area Vasta (PTPAAV) e dalle prescrizioni delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA).
Il Tribunale, in accordo alla nota prot. n. 124474 del 28.7.2023 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per cui “nel ribadire l’immediata e temporanea applicabilità dell’articolo 20 comma 8 del d.lgs. 199/2021, si ritiene che le disposizioni regionali o locali, recanti vincoli o prescrizioni incompatibili con la immediata idoneità alla installazione di impianti FER di specifiche aree, emanate in conformità alla legislazione previgente la normativa in questione, possano restare valide nelle more dell’emanazione dei decreti attuativi ex articolo 20 del d.lgs. 199/2021, esclusivamente per le parti che non confliggono con quanto stabilito dal citato comma 8 dell’articolo in esame”, ha quindi stabilito che la disciplina comunale deve ritenersi “superata” dalla sopravvenuta disciplina legislativa in materia di “aree idonee” all’installazione degli impianti FER, di cui all’art. 20, comma 8, del d. lgs. n. 199/2021, nonché dalla disciplina regionale.

Il Tribunale ha poi evidenziato come le valutazioni formulate dalla Soprintendenza in funzione della tutela del “contesto archeologico” devono ritenersi “generiche, sproporzionate e marcatamente ipotetiche”, confermando la lacunosità e la carenza motivazionale, nonché la contraddittorietà delle stesse circa l’incidenza negativa dell’impianto sul contesto archeologico di riferimento e del presunto “impatto percettivo” che si riverserebbe sull’area di riferimento.

Infinte, il Tribunale ha valutato come irragionevole l’assunto del Comune di Larino per cui per l’effetto cumulo con altri progetti si tenga conto della sola pendenza, e nemmeno approvazione, di altri procedimenti finalizzati all’autorizzazione di altri impianti, per negare l’approvazione di uno di essi.

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