2020-04-15

MISURE DI SOSTEGNO FINANZIARIO ALLE IMPRESE MEDIANTE MORATORIA. DUBBI INTERPRETATIVI

I primi giorni di applicazione del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (il “Decreto Cura Italia”) hanno visto emergere alcuni problemi interpretativi delle norme emergenziali che hanno generato dubbi sulla loro applicazione. Tra questi, la pratica segnala con frequenza quello relativo alla possibilità o meno per il debitore di invocare le misure di sostegno previste dal Decreto Cura Italia per richiedere la sospensione delle rate interessi relative ai finanziamenti con rimborso del capitale non rateale (bullet) con scadenza contrattuale successiva al 30 settembre 2020.

Come noto, l’articolo 56 del Decreto Cura Italia prevede, tra le ipotesi di moratoria straordinaria volte al sostegno finanziario delle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19, con riferimento alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari previsti dall’art. 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario) e degli altri soggetti abilitati alla concessione del credito, che le imprese possano avvalersi, previa comunicazione al finanziatore e autocertificazione di aver subito una temporanea carenza di liquidità determinata dall’epidemia di COVID-19, della proroga al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni e senza alcuna formalità, dei contratti relativi a prestiti non rateali con scadenza contrattuale anteriore al 30 settembre 2020, unitamente ai rispettivi elementi accessori (articolo 56, comma 2, lettera b) del Decreto Cura Italia).

L’articolo 56, comma 2, lettera c) del Decreto Cura Italia, invece, per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, prevede, sempre previa comunicazione al finanziatore e autocertificazione dell’impresa delle predette circostanze, la sospensione del pagamento delle rate (o dei canoni di leasing) in scadenza prima del 30 settembre 2020, sino al 30 settembre 2020 e la dilazione del piano di rimborso delle rate (o dei canoni) oggetto di sospensione, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti. La norma consente inoltre all’impresa di richiedere la sospensione dei soli i rimborsi in conto capitale.

A fronte a questo impianto normativo, la pratica solleva il problema di quale debba essere il trattamento delle rate interessi rispetto a quei finanziamenti il cui rimborso del capitale non sia rateale ma dovuto alla scadenza contrattuale (bullet) – mentre durante la durata contrattuale maturano rate di interessi – e la scadenza contrattuale sia successiva al 30 settembre 2020.

Il tenore letterale dell’articolo 56, comma 2, lettera b) del Decreto Cura Italia sembra escludere che la norma abbia rilievo rispetto a questa fattispecie. Essa dispone infatti la sola proroga della scadenza contrattuale e quindi dell’obbligo di restituzione del capitale fino al 30 settembre 2020 per i contratti con scadenza anteriore, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, quindi con le garanzie (la cui proroga della durata opererebbe dunque ex lege senza ulteriori formalità) e gli interessi (con neutralità dal punto di vista attuariale per finanziatori e imprese come precisato dalla Relazione illustrativa del Decreto Cura Italia).

D’altra parte, il tenore letterale dell’articolo 56, comma 2, lettera c) del Decreto Cura Italia sembra limitare l’applicazione della norma ai soli finanziamenti in cui il rimborso del capitale abbia natura rateale, come si evince dall’individuazione tipologica dell’ambito di applicazione in cui l’elemento identificativo – i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale – poggia su una vicenda, il rimborso, che attiene essenzialmente alla restituzione del capitale ed, a contrario, dalla previsione della facoltà per l’impresa di optare per la richiesta di sospensione dei soli rimborsi in conto capitale. Non sembra quindi possibile, sulla base dell’interpretazione letterale, applicare l’articolo 56, comma 2, lettera c) del Decreto Cura Italia ai pagamenti rateali dei finanziamenti con rimborso bullet.

Se si accede a questa interpretazione letterale delle norme esaminate (coerente peraltro con i principi di ermeneutica legislativa dettati dall’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale del Codice Civile, secondo i quali la legge deve essere interpretata innanzitutto nel suo senso letterale), si giunge quindi alla conclusione che, rispetto ai finanziamenti non rateali con scadenza contrattuale successiva al 30 settembre 2020, il pagamento delle rate interessi con maturazione fino a quella data non possano essere oggetto di sospensione su richiesta dell’impresa, con ciò evidenziandosi una disparità di trattamento, avuto riguardo alla possibilità di sospendere le rate interessi fino al 30 settembre 2020, rispetto alle imprese indebitate sulla base di finanziamenti rateali (a parità di temporanea carenza di liquidità determinata dall’epidemia di COVID-19) che appare in effetti priva di giustificazione.

È verosimile ritenere che, nel dover normare nella fretta dettata dall’emergenza, il legislatore sia incorso in una vera e propria svista con riferimento ad una tipologia di finanziamento invero diffusa nella prassi, ma … ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Non si può escludere peraltro che qualche giudice possa essere tentato, disapplicando le regole generali di ermeneutica legislativa, nell’indagare i principi ispiratori della norma emergenziale e ritenere l’interpretazione letterale illegittima, anche ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento. Se è vero, infatti, che la norma emergenziale ha l’intento di dare respiro finanziario alle imprese colpite dal Covid-19, appare difficile comprendere perché gli interessi dovuti da una impresa per finanziamenti a rimborso del capitale rateale e finanziamenti con rimborso del capitale bullet debbano essere trattati diversamente.

La prassi di questi primi tempi ha d’altronde evidenziato un approccio da parte di banche e intermediari finanziari teso a superare le “maglie strette” del perimetro di applicazione delle misure di sostegno finanziario di cui all’articolo 56 del Decreto Cura Italia ed una disponibilità ad applicare proroghe e sospensioni al di là delle ipotesi normativamente previste. Un simile approccio potrà trovare spazio verosimilmente anche con riferimento alla fattispecie esaminata.

La scelta di opzioni interpretative diverse e più estensive pone infine comunque un problema di collegamento con la disciplina della garanzia del fondo centrale di garanzia per le PMI istituito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 (il “Fondo di garanzia PMI”). A copertura dei pagamenti contrattualmente previsti per interessi e capitale e degli altri finanziamenti prorogati, infatti, su richiesta del soggetto finanziatore, è prevista la garanzia di un’apposita sezione speciale Fondo di garanzia PMI (per un importo pari al 33% delle rate in scadenza entro il 30 settembre 2020 e dei finanziamenti prorogati). Poiché, ai sensi dell’articolo 56, comma 6, la garanzia del Fondo di garanzia PMI è ammessa per le “operazioni oggetto delle misure di sostegno di cui al comma 2”, è evidente come qualunque incertezza interpretativa con riferimento a fattispecie di dubbia riconducibilità alle “operazioni oggetto delle misure di sostegno di cui al comma 2” è destinata a riverberarsi sull’ammissione dell’operazione considerata alla garanzia e questa sia questione non priva di rilievo per i finanziatori.

Analogo problema si pone inoltre con riferimento all’adozione di prassi applicative più estensive da parte delle banche e degli intermediari finanziari, secondo quanto sopra indicato. Non sembra infatti che possa spingere a conclusioni diverse la previsione di cui all’articolo 13, comma 1, lettera f) del Decreto Legge n. 23 dell’8 aprile 2020 (il “Decreto Liquidità”) secondo la quale “per le operazioni per le quali banche o gli intermediari finanziari hanno accordato, anche di propria iniziativa, la sospensione del pagamento delle rate di ammortamento, o della sola quota capitale, ovvero l’allungamento della scadenza dei finanziamenti, in connessione degli effetti indotti dalla diffusione del COVID-19, su operazioni ammesse alla garanzia del Fondo, la durata della garanzia del Fondo è estesa in conseguenza”. La norma del Decreto Liquidità non sembra infatti ampliare il novero delle sospensioni o proroghe ammesse alla garanzia del Fondo di garanzia PMI per includervi anche quelle accordate da banche e intermediari finanziari al di là delle ipotesi normativamente previste (né fornire spunti interpretativi nuovi rispetto a quanto sopra esposto), ma soltanto estendere la durata della garanzia fino al 31 dicembre 2020 per le sospensioni o proroghe già ammesse alla garanzia e ciò anche nei casi in cui esse siano state accordate da banche o intermediari finanziari di propria iniziativa (anziché su iniziativa dell’impresa).

In conclusione, le problematiche evidenziate suggeriscono l’auspicio di un intervento correttivo (o almeno chiarificatore) del legislatore in sede di conversione del Decreto Cura Italia.

15.04 2020

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