Preliminare di compravendita di immobile con abusi edilizi – legittimo il recesso del promissario acquirente
Studio Legale e Tributario IOOS
Avv. Silvia Paler
Con la recente ordinanza n. 17148 del 21.06.2024 la Suprema Corte si pronuncia nuovamente sul tema del contratto preliminare di compravendita relativo ad un immobile affetto da abusi edilizi.
Preliminarmente, la Suprema Corte rammenta l’orientamento inaugurato delle Sezioni Unite in ordine alla c.d. “nullità edilizia”. Sul punto, infatti, si è affermato che la nullità comminata dall’art. 46 D.P.R. n. 380/2001 e dagli artt. 17 e 40 l. n. 47/1985 va ricondotta nell’ambito della c.d. nullità “testuale”, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile. Al tempo stesso, però, la S.C. chiarisce che il titolo deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile, sicché, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.
Ciò detto, resta però il diritto del promissario acquirente di recedere legittimamente dal contratto concluso, nel caso che vengano constatati degli abusi edilizi che lo stesso ignorava al momento della sottoscrizione.
La S.C. riconosce infatti la legittimità delle decisioni dei giudizi di merito che avevano riconosciuto la correttezza del recesso dichiarato dal promissario acquirente, in virtù delle difformità edilizie riscontrate. In particolare, secondo la Cassazione, l’ipotesi in esame va inquadrata nell’ipotesi di vendita di cosa gravata da oneri o diritti di terzi, ex art. 1489 c.c. Nel caso, infatti, di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l’art. 1489 c.c. in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima, sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel contratto o, comunque, non sia conosciuta dal compratore al tempo dell’acquisto.
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