2025-04-18

GLI INTERESSI PASSIVI DELLE SOCIETÀ IMMOBILIARI

A cura dell Dott. Giuseppe Lobascio.

Per le Società immobiliari, il trattamento degli interessi passivi secondo l’attuale normativa fiscale è piuttosto complesso e non sempre di sicura risoluzione.

Sinteticamente e semplificando, possiamo riscontrare tre situazioni e/o tipologie di interessi passivi:

  • interamente indeducibili (cosiddetti di funzionamento) e correlati agli immobili patrimonio;
  • deducibili nel rispetto del limite del 30% del Rol fiscale;
  • interamente deducibili.

Gli articoli del TUIR di riferimento ed utili alla comprensione dei meccanismi fiscali di determinazione del reddito delle Società immobiliari sono gli articoli 90 e 96 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

Partendo dall’articolo 90, possiamo inquadrare la prima tipologia di interessi citata ove per i beni immobili patrimonio (diversi quindi dagli immobili merce e dagli immobili strumentali per natura e per destinazione), alla stregua dei costi analitici cui la norma non consente la deducibilità in quanto correlati a beni il cui reddito è determinato in forma forfettaria ovvero fondiario, anche gli interessi passivi direttamente correlati a tali beni sarebbero non deducibili in quanto di “funzionamento”.

In relazione a tale tipologia di interessi, non è sempre agevole comprenderne l’esatta definizione, tuttavia l’elemento di indagine è la correlazione della disponibilità finanziaria e dell’utilizzo rispetto alle esigenze di cassa del bene da cui provengono una parte o la totalità dei ricavi della Società, sicché un finanziamento acceso per poter dar seguito a delle manutenzioni ordinarie specifiche, sarà considerato di funzionamento e quindi i relativi interessi indeducibili.

D’altronde la correlazione tra il costo ed il bene si rinviene anche in altre situazioni quali l’indeducibilità di personale dedicato alla gestione di tali beni (sentenza n. 37384/2022).

La seconda e più “pacifica” tipologia di interessi riguarda quelli derivanti da contratti di finanziamento le cui risorse sono destinate alla costruzione o all’acquisto di immobili.

Non essendo correlati al meccanismo di determinazione del reddito e quindi alla forfettizzazione dei costi di cui all’articolo 90, incontrano soltanto il limite del ROL fiscale.

La terza tipologia di interessi è stata introdotta invece dalla Legge di Bilancio 2008 (L. 244/2007) e riguarda interessi passivi relativi a mutui ipotecari su immobili destinati alla locazione. 

Norma originariamente transitoria, in attesa di un riordino della fiscalità immobiliare tutt’ora non avvenuto, abrogata e reintrodotta nel medesimo anno, ovvero nel 2018.

Tale tipologia ad oggi ha trovato applicazione in ragione di un requisito soggettivo e di un requisito oggettivo; il primo risulterebbe soddisfatto in relazione a contratti di finanziamento stipulati da società immobiliari di gestione, ovvero il cui attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte da immobili destinati alla locazione e che presentano ricavi per almeno 2/3 generati da canoni di locazione o affitto di aziende ed il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale dei citati beni; il secondo vincolerebbe l’agevolazione ai finanziamenti ipotecari destinati all’acquisto o costruzione di beni destinati alla locazione (anche strumentali).

In difetto dell’eventuale requisito oggettivo, si tornerebbe nell’alveo degli interessi di cui al punto 2, quindi con il limite del 30% del ROL fiscale.

Questo quantomeno in termini di lettura normativa avallata dall’Agenzia delle Entrate.

A favore di una ratio legis più permissiva, rispetto all’Agenzia delle Entrate ed in relazione ai finanziamenti ipotecari integralmente deducibili, ritroviamo la sentenza della Cassazione n. 321/2025 ove verrebbe meno la correlazione tra la disponibilità finanziaria ed il suo utilizzo, rimanendo soltanto il requisito soggettivo quale unico discrimine per la non applicazione del limite del ROL.

Simili argomentazioni si erano riscontrate anche nell’ordinanza della Suprema Corte n. 28804/2024.

Ed ancora requisiti oggettivi richiamati (ribaditi ndr.) nella risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate n. 110 del 16 aprile 2025.

A ragion veduta, indipendentemente dalle posizioni citate riferibili alla Suprema Corte e dalla successiva risposta ad interpello, il riordino della disciplina previsto dal comma 36 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2008 sembrerebbe l’unica soluzione per porre rimedio ad una disciplina insostenibilmente transitoria da oltre 10 anni. 

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