ESG, adeguati assetti e polizze catastrofali: la nuova architettura della resilienza d’impresa
A cura del Dott. Giuseppe Buonamassa e della Dott.ssa Barbara Pinelli
Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2024 e dei decreti attuativi del 2025 si apre una nuova fase nella gestione del rischio d’impresa in Italia: l’assicurazione obbligatoria contro eventi catastrofali diventa parte integrante della governance aziendale, con un impatto potenziale su oltre 5,8 milioni di imprese. Si tratta di una misura che supera la logica emergenziale storicamente adottata nel nostro Paese e che mira a rafforzare la capacità del sistema produttivo di resistere e reagire a calamità naturali sempre più frequenti e di maggiore intensità.
Il nuovo obbligo non introduce solo una copertura patrimoniale, ma ridefinisce il concetto stesso di resilienza aziendale, collegando in modo strutturale elementi che incidono ormai sul posizionamento competitivo delle imprese come la gestione assicurativa del rischio, gli adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 c.c., i criteri ESG e la rendicontazione di sostenibilità.
Dalla tutela dei creditori alla gestione strutturale del rischio
L’art. 2086 c.c., arricchito dalle disposizioni del Codice della crisi d’impresa, ha trasformato gli adeguati assetti in un obbligo sostanziale e permanente di analisi, monitoraggio e prevenzione degli squilibri. Gli amministratori devono dimostrare di valutare con continuità non solo i tradizionali indicatori economico–finanziari, ma anche fattori climatici, ambientali, sociali e reputazionali, ormai decisivi per la continuità operativa e l’accesso al credito.
In questo contesto, le polizze catastrofali obbligatorie diventano parte integrante della “cassetta degli attrezzi” del risk management. Le imprese devono infatti dotarsi di strumenti assicurativi proporzionati alla loro dimensione e al rischio geografico e settoriale, in coerenza con la progressiva maturazione delle prassi di governance e dei requisiti imposti dagli standard europei (CSRD, ESRS, VSME).
Un impatto finanziario rilevante
La nuova disciplina produce ricadute economiche non trascurabili per le imprese. Per quelle situate nelle aree a maggiore esposizione sismica o idrogeologica, il premio assicurativo annuale potrebbe rappresentare una voce di costo significativa, andando a incidere con maggiore peso sui margini operativi. A ciò si aggiunge il fatto che la mancata stipula della polizza non comporta solo una violazione normativa, ma può determinare l’esclusione da contributi e agevolazioni pubbliche e, in prospettiva, influire anche sulla valutazione del merito creditizio da parte degli istituti bancari. Il sistema finanziario, infatti, sta già iniziando a integrare la presenza di adeguate coperture assicurative nei propri processi di analisi del rischio, riconoscendo nella polizza un segnale di gestione consapevole e matura dell’impresa. In questa direzione, il mercato assicurativo è chiamato a proporre soluzioni più flessibili, accessibili e aderenti alle esigenze delle imprese, talvolta affiancate da strumenti parametrici o da garanzie complementari, come le coperture per la perdita di profitto o il fermo produttivo. La polizza, quindi, da semplice strumento di tutela patrimoniale diventa anche un indicatore di solidità gestionale, capace di incidere sul rating ESG e sul costo del capitale.
Una transizione ancora incompleta
Nonostante i passi avanti, il sistema presenta ancora alcune criticità. A differenza di Spagna e Francia, in Italia non è previsto un fondo pubblico di riassicurazione, elemento che potrebbe generare squilibri territoriali e differenze di costo tra settori e aree geografiche. Inoltre, la normativa attuale non copre i danni indiretti, come la perdita di fatturato, il fermo delle attività produttive o le conseguenze sulle catene di fornitura: aspetti che, nel caso di eventi catastrofali, spesso risultano più dannosi e duraturi dei danni materiali diretti. Le difficoltà maggiori emergono soprattutto per le piccole e medie imprese, che in molti casi non dispongono di strutture e competenze interne dedicate alla gestione strategica del rischio. Per queste realtà, il tema non è solo l’obbligo di sottoscrizione della polizza, ma l’avvio di un percorso di maturazione organizzativa e culturale, che passa attraverso sistemi di governance più strutturati, l’utilizzo di analisi predittive, strumenti digitali di monitoraggio del territorio e piattaforme di risk intelligence in grado di supportare decisioni tempestive e fondate.
Un cambio strutturale di paradigma
Se interpretato con lo sguardo rivolto al futuro, l’obbligo assicurativo rappresenta un tassello di una transizione più ampia: il passaggio da un approccio reattivo, in cui si interviene dopo l’emergenza, a un modello di politica industriale orientato alla prevenzione e alla resilienza. In questo nuovo paradigma, la gestione del rischio aziendale integra diversi livelli: la prevenzione strutturale, la protezione assicurativa, la governance organizzativa e la rendicontazione di sostenibilità. L’obiettivo è contribuire a un sistema economico più stabile e competitivo, riducendo l’impatto delle calamità sui conti pubblici, sulla continuità produttiva e sull’occupazione. La resilienza, quindi, non è più una condizione eccezionale, ma una componente strutturale del tessuto produttivo, capace di determinare la capacità delle imprese italiane di resistere agli shock, attrarre capitale e generare valore nel lungo periodo.
Per approfondimenti si rimanda alla versione integrale dell’articolo pubblicata su La Settimana Fiscale, n. 38 del 20 ottobre 2025, de Il Sole 24 Ore o al seguente link:
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