2020-04-08

CODICI ATECO: POSSIBILI CRITICITÀ NELLA "PARZIALE" RIAPERTURA DELLE ATTIVITÀ

La domanda che attanaglia tutti gli imprenditori, dopo le parole del premier Conte nella conferenza stampa in cui, informando i cittadini di aver prorogato al 13 aprile (si legga: DPCM 1 aprile 2020) la chiusura di tutte quelle attività non ricomprese nell’allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020 (modificato dal successivo DPCM del 25 marzo), auspicava di poter poi iniziare a disporre una parziale riapertura delle attività, è: quali imprese continueranno ad operare e/o quali potranno riaprire i battenti?

Non potendo, tuttavia, prevedere se il prossimo 14 aprile ci sarà o meno un primo allentamento delle misure restrittive e fermo restando che i prossimi provvedimenti governativi potrebbero modificare i criteri per stabilire se un’attività potrà operare o meno, si ritiene utile esaminare alcune delle problematiche che diversi imprenditori hanno dovuto affrontare per capire se la propria attività produttiva potesse rimanere aperta, cercando di sciogliere alcuni di questi dubbi, in particolare sui codici ATECO e sulle eventuali comunicazioni da fare al Prefetto.

Tenuto conto che un imprenditore che vuole iniziare un’attività produttiva ha l’obbligo di comunicare il relativo codice ATECO in Camera di Commercio e all’Agenzia delle Entrate ai fini dell’attribuzione della partita IVA, è possibile che per qualche ragione uno o più codici ATECO vengano riportati per es. nel registro delle imprese e non all’Agenzia delle Entrate. In tale contesto, la domanda che diversi imprenditori si sono posti è: quali codici ATECO dovranno essere considerati per la verifica della prosecuzione o meno delle attività? La risposta non può che essere trovata nell’importante funzione di pubblicità per le aziende che viene svolta dal Registro Imprese verso i terzi, le cui iscrizioni rendono le informazioni ivi contenute opponibili a questi ultimi. Pertanto, i codici ATECO comunicati in Camera di Commercio e, quindi, quelli risultanti dalla visura camerale saranno quelli rilevanti per permettere all’imprenditore di verificare se l’attività rientri o meno nella Tabella del prossimo provvedimento del Governo.

Altra criticità che molte aziende hanno dovuto risolvere è la seguente. Spesso nelle aziende vengono svolte più attività produttive e quindi le stesse sono in possesso di più codici ATECO (primari e/o secondari). In questo contesto, è possibile che alcuni di tali codici siano ricompresi tra quelli legittimati a proseguire – o, nel prossimo futuro, a riaprire i battenti – mentre altri siano o continuino ad essere esclusi. Ciò che è opportuno chiarire è che non è necessario che tutti i codici ATECO siano inclusi nella Tabella che – si auspica – verrà ampliata nel prossimo provvedimento del Governo, ma che l’attività che potrà proseguire, indipendentemente dal fatto che si tratti di un codice ATECO primario o secondario, sarà solo quella riferita al codice ATECO ricompreso in Tabella: l’attività esclusa dovrà essere sospesa, salvo che si possa considerare integrata con quella legittimata a proseguire o sia un’attività funzionale alla filiera di una delle attività indicate in Tabella.

In tali ultime ipotesi, e sulla base delle attuali diposizioni governative, sarà necessario comunicare al Prefetto che trattasi di un’attività svolta all’interno di una stessa unità produttiva e al medesimo processo produttivo (attività integrata) o di un’attività che, nell’ambito della catena produttiva, assicuri la prosecuzione dell’attività ricompresa nella Tabella (attività funzionale alla filiera).

Resta inteso che la comunicazione dovrà essere fatta presso la Prefettura dove sono ubicate le attività produttive e che le imprese funzionali potranno legittimamente proseguire senza dover attendere un riscontro positivo dalla Prefettura, fermo restando che il Prefetto potrà sospendere l’attività qualora ritenga che non sussistano le ragioni poste a fondamento della comunicazione.

Da ultimo, non ravvisandosi alcun limite territoriale nel DPCM del 22 marzo 2020 e tenuto conto della portata sovranazionale dell’epidemia da COVID-19 (menzionata nel DPCM stesso), è ragionevole assumere che le imprese con codice ATECO non ricompreso nella Tabella, ma che svolgono pur sempre attività funzionali – anche solo – per società straniere, operanti in settori considerati essenziali e di pubblica utilità dal testo del provvedimento, possano continuare la propria attività, previa comunicazione al Prefetto, indicando le ragioni per cui sarebbero legittimate a proseguire l’attività e specificando il nome dell’impresa straniera beneficiaria.

08.04 2020

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