Accordi di prossimità: strumento flessibile o rischio legale?
A cura dell’Avv. Giorgio Albè, Founding Partner di A&A – Studio Legale Albè & Associati.
Gli accordi di prossimità sono stati introdotti con l’art. 8 della L. 148/2001: in estrema sintesi, sono uno strumento a livello aziendale per derogare la legge e/o i contratti collettivi nazionali di lavoro, purché nel rispetto dei limiti e dei presupposti stabiliti. È quindi possibile adeguare, anche modificando in modo peggiorativa, determinate situazioni alla singola realtà pur essendo necessario un accordo con le organizzazioni sindacali. Gli aspetti che possono essere disciplinati attengono: agli impianti audiovisivi ed alle nuove tecnologie; alle mansioni ed all’inquadramento; ai contratti a termine, part-time, alla solidarietà negli appalti ed alla somministrazione; all’orario di lavoro; ed in genere alla disciplina del rapporto. Occorre che l’accordo avvenga con i sindacati, aziendali o territoriali, che hanno una reale rappresentatività e lo scopo deve essere la maggiore occupazione, gli incrementi di produttività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e l’avvio di nuove attività. La giurisprudenza ha sempre interpretato l’elencazione in maniera tassativa, escludendo l’analogia, e richiedendo un concreto ed effettivo riferimento ai presupposti richiesti, non essendo però necessario il richiamo normativo ma sufficiente la volontà delle parti sottoscriventi di derogare alla legge e al CCNL(Cass. 10/02/2025, n. 3353).
L’ordinanza della Cassazione 15/07/2025 n. 19467
Tra gli aspetti che possono essere disciplinati, come confermato da tale decisione, vi è anche quello dei livelli retributivi, riducendoli rispetto a quelli previsti dal CCNL, sussistendo le condizioni indicate (tra le altre Cass. n.27764/2023 e ampiamente Trib. Napoli n.1751/2024) nel rispetto dell’art. 36 Costituzione, per la retribuzione “sufficiente”. La Corte, tuttavia, chiarisce definitivamente che, ai fini dell’applicazione del minimale contributivo, l’accordo di prossimità non può derogare “in peggio al livello retributivo” previsto dal CCNL, “essendo la materia previdenziale indisponibile”: quindi sì alla riduzione retributiva ma adempiendo all’obbligazione contributiva utilizzando il minimale previsto dal CCNL applicabile.
Le conseguenze
La decisione, anche se elementi erano rinvenibili in altre pronunce, ha come conseguenza l’obbligo per i datori di lavoro di regolarizzare la posizione contributiva, trattandosi di omissione e, quindi, con gli interessi e le sanzioni previste, salvo un chiarimento legislativo, certamente opportuno.
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