2019-09-12

STUDIO LEGALE MENICHETTI

Circa la prova a carico del datore di lavoro delle ragioni sostitutive del contratto di lavoro a tempo determinato

di Elena Bissoli

 

Con ordinanza n. 21672 dello scorso 23 agosto, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’apposizione del termine ad un contratto di lavoro per ragioni sostitutive di personale assente per malattia, con specifico riferimento a realtà aziendali complesse (nella fattispecie, la principale compagnia aerea italiana).

Al riguardo, l’art. 19 del D. Lgs. 81/2015 stabilisce, nei commi 1 e 1bis, che:

Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  2. b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi”.

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, col quale la società ricorrente aveva censurato la sentenza d’appello per aver “ritenuto che la datrice di lavoro non avesse assolto il proprio onere probatorio in ordine all’effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive indicate nel contratto individuale di lavoro e del nesso causale fra tali ragioni e l’assunzione a tempo determinato di una lavoratrice”.

In particolare, la Corte d’appello aveva reputato non “sufficienti a tal fine l’elenco dei dipendenti assunti a tempo indeterminato con qualifica di assistenti di volo in servizio presso la base di Milano, con l’indicazione mese per mese del numero di giornate di assenza per malattia di ciascuno, né l’elenco delle altre sette risorse assunte nello stesso periodo con identica causale, posto che le circostanze desumibili da tale documentazione non consentivano d’accertare se e quando la lavoratrice avesse effettivamente operato in sostituzione dei colleghi assenti per malattia e, in particolare, se avesse effettivamente lavorato nelle loro tratte”, richiamando, ma non dando corretta applicazione, ad un dictum giurisprudenziale (Cass. nn. 1577/2010, 23119/2010 e 10068/2013), secondo cui in caso di “situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero di lavoratori da sostituire, ancorché non indentificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza del prospettato presupposto di legittimità” in quanto la sostituzione non si riferisce ad una singola persona, come può accadere in aziende di piccole dimensioni, ma ad una funzione produttiva specifica che sia, per l’appunto, occasionalmente scoperta.

La Suprema Corte ha ritenuto, dunque, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla stessa Corte territoriale in diversa composizione, che il secondo giudice di merito non si sia “nella sostanza uniformata, quanto alle coerenti ricadute sul piano probatorio, al tale principio di diritto, richiedendo con la dimostrazione che la C. avesse sostituito giorno per giorno i colleghi assenti indicati nella memoria di costituzione ed effettivamente lavorato nelle tratte dei colleghi assenti per malattia, una prova disallineata per specificità di contenuto rispetto al livello di specificazione delle ragioni sostitutive, quale ritenuto necessario e sufficiente dal richiamato orientamento, ai fini della legittimità del termine, nelle situazioni aziendali complesse”.

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