Per la sussistenza della giusta causa di licenziamento è rilevante anche il disvalore ambientale che assume la condotta contestata al lavoratore

De Luca & Partners

Avv. Enrico De Luca – Avv. Luca Cairoli

Nel valutare la sussistenza della giusta causa di licenziamento occorre avere riguardo anche al disvalore ambientale delle condotte contestate al lavoratore, soprattutto nel caso in cui quest’ultimo ricopra ruoli di responsabilità, stante la possibilità di poter influenzare i colleghi. In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 25969 del 6 settembre 2023.

I fatti di causa

Una dipendente, con qualifica di gerente di una filiale adibita alla vendita di abbigliamento e tessuti, impugnava il licenziamento disciplinare comminatole a seguito della contestazione di una serie di condotte disciplinarmente rilevanti, tra cui: l’aver introdotto nel negozio e nel essersi fatta confezionare da una sarta di fiducia un abito identico a un modello in vendita; lo svolgimento telefonico di attività di cartomanzia in orario di lavoro; l’avere messo da parte e occultato capi di abbigliamento e altri oggetti destinati alla vendita; l’avere indossato capi destinati alla vendita durante l’orario di lavoro; l’essersi ripetutamente assentata dal negozio senza autorizzazione; l’avere ripetutamente rimproverato e mortificato le colleghe alla stessa sottoposte.

La Corte d’Appello di Genova, nel secondo grado di giudizio, accoglieva il reclamo della lavoratrice e, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, condannava la società al pagamento di una indennità risarcitoria nella misura di 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Avverso la sentenza di secondo grado, la società datrice di lavoro proponeva ricorso per Cassazione e, a seguito del giudizio di legittimità, la sentenza della Corte d’Appello veniva cassata con rinvio.

La Corte d’Appello, investita nuovamente della causa, condannava quindi la lavoratrice alla restituzione, a favore della società, dell’importo precedentemente percepito pari ad euro 50.521,77 e, con medesima pronuncia, respingeva le doglianze della lavoratrice circa la non proporzionalità del provvedimento disciplinare comminato. In detta sede, la Corte d’Appello, rigettando le domande della lavoratrice, giudicava invece il licenziamento proporzionato, ciò in ragione della molteplicità, della tipologia ed intenzionalità dei fatti addebitati, da cui “emergeva un atteggiamento di consapevole sfruttamento della posizione gerarchica di responsabile del negozio, con connotazione negativa delle condotte poste in essere, aggravate a causa del ruolo ricoperto”.

La lavoratrice, quindi, proponeva ricorso per Cassazione.

L’ordinanza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della causa, ha rigettato il ricorso proposto dalla lavoratrice, ritenendo il licenziamento proporzionato e legittimo.

Secondo la Corte, per valutare la proporzionalità della sanzione è infatti necessario tenere conto dei fatti contestati alla lavoratrice nel loro complesso, anche considerando il ruolo di gerente svolto e le maggiori responsabilità ad esso collegate, tanto sul piano di un più intenso obbligo di diligenza, come del dovere di tenere comportamenti tali da costituire positivi riferimenti e modelli per i propri sottoposti.

Pertanto, per accertare la legittimità del licenziamento per giusta causa, non può solo aversi riguardo al contenuto obiettivo della condotta disciplinarmente rilevante, ma occorre anche prendere in considerazione la portata soggettiva della stessa esaminandola anche alla luce del “disvalore ambientale” che quest’ultima assume. Secondo la Corte di legittimità, infatti, tale ultimo aspetto comporta per il lavoratore cui siano affidate mansioni di gerente di un punto vendita (o mansioni che implichino significative responsabilità), un più intenso obbligo di diligenza, con conseguente maggiore rilevanza (anche disciplinare) delle condotte integranti un modello diseducativo e disincentivante per gli altri dipendenti.

Piani di stock option nelle S.L. spagnole come incentivo per manager e dipendenti nelle operazioni di M&A

A cura di Javier Vicente e Marc Alcolea Musicco
Pavia e Ansaldo SLP

La previsione da parte delle società di un piano di stock option destinato ai propri dirigenti e dipendenti (“Employee Stock Ownership Plan” o “ESOP”) consente, in linea generale, un allineamento degli interessi di questi ultimi con quelli dell’azienda.
In tal senso, gli ESOP costituiscono infatti non solo un incentivo alla permanenza e buon rendimento del personale, ma anche un efficace meccanismo che permette loro di ottenere benefici nel contesto di una eventuale operazione di vendita della società.
E ciò in quanto la partecipazione di dirigenti e dipendenti al capitale sociale della società, strumentalizzata attraverso la concessione di diritti di acquisto sulle partecipazioni o azioni della stessa, consente loro di ottenere da un potenziale acquirente della società il pagamento del prezzo corrispondente alle partecipazioni o azioni da essi detenute in virtù del piano di stock option, che verrebbe quindi a configurarsi come una sorta di bonus per dirigenti e dipendenti, riscattabile al closing di un’operazione.
Tuttavia, si noti che fino all’approvazione della Legge 28/2022 del 21 dicembre sulla promozione dell’ecosistema delle aziende emergenti (nota come “Legge Startup”), in Spagna, la retribuzione basata sulla consegna di stock option era stata principalmente riservata alle società per azioni (S.A.). Le società a responsabilità limitata (S.L.) incontravano infatti notevoli difficoltà di natura legale per poter acquisire e detenere partecipazioni proprie e formare così un “pool” che potesse successivamente essere consegnato al personale, in caso di esercizio da parte di questi del diritto di acquisto concesso in precedenza.
In questo contesto, la Legge Startup ha invece finalmente istituito un nuovo regime giuridico specifico che consente alle SL, previo il rispetto di determinati requisiti, di acquisire partecipazioni proprie fino al limite del 20% del capitale, qualora la finalità di detta acquisizione sia l’esecuzione di un ESOP.
Si evidenzia comunque che, ad oggi, non tutte le società a responsabilità limitata spagnole potranno beneficiare delle novità introdotte dalla Legge Startup, ma solo quelle qualificate, appunto, come “startup” e che inoltre soddisfino una serie di requisiti, quali, tra gli altri, lo sviluppo di un progetto imprenditoriale innovativo che disponga di un modello di business scalabile o non avere più di 5 o 7 anni – secondo i casi – di anzianità di costituzione.
Inoltre, è di notevole interesse il pacchetto di benefici fiscali che accompagna questo nuovo regime, relativi all’imposta sul reddito delle persone fisiche spagnola (IRPF) ed indirizzato a tutti coloro che siano beneficiari di piani di retribuzione che includano la consegna di partecipazioni. In particolare, da un lato, è stata aumentata la soglia di esenzione per queste retribuzioni, ampliandola fino a euro 50.000 annui, dall’altro, è stata prevista la possibilità che l’importo eccedente tale cifra possa essere differito fino ai 10 anni successivi a tale consegna.
In sostanza, sebbene la nuova Legge Startup non abbia comportato, per ora, che tutte le società a responsabilità limitata possano elaborare piani di stock option, la nuova disciplina rappresenta comunque un passo avanti verso una maggiore flessibilità del regime retributivo di cui potranno usufruire le startup spagnole, come nella pratica era stato finora per le S.A., o per le stesse S.L. attraverso meccanismi quali le cosiddette “phantom shares”.

Quando il datore di lavoro può licenziare il dipendente che rifiuta la trasformazione del rapporto lavorativo da part time a full time

di Enzo Pisa

La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno necessita del consenso del lavoratore, trattandosi di una modifica del contratto di lavoro.
Su accordo delle parti (datore di lavoro e lavoratore) è possibile, dunque, trasformare il regime orario del loro rapporto da part time a full time.
La norma che regola tale trasformazione è l’art. 8 del D. Lgs. 81/2023, che, al comma 1, riconoscendo una forte tutela al lavoratore, stabilisce che “il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Con la recente ordinanza n. 29337 del 23.10.2023, la Corte di Cassazione, intervenendo al riguardo, ha chiarito che “la previsione di tale disposizione non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo in caso di rifiuto del part time (o viceversa del full time), ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell’onere della prova a carico di parte datoriale”.
In particolare, secondo la Suprema Corte, occorre che il datore di lavoro possa dimostrare: le effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo parziale, ma solo con l’orario differente richiesto; l’avvenuta proposta al dipendente di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno ed il rifiuto di quest’ultimo; l’esistenza di un nesso causale tra le esigenze di aumento dell’orario ed il licenziamento.
“Ciò perché” – come affermato dalla S.C. – “il licenziamento non deve essere intimato a causa del rifiuto ma a causa della impossibilità di utilizzo della prestazione a tempo parziale e del rifiuto di trasformazione del rapporto a full time”.

Recesso durante il periodo di prova: tutela applicabile in caso di nullità del patto

A cura di a cura di Enrico De Luca e Luca Cairoli

Come noto, in sede di assunzione, datore di lavoro e lavoratore possono pattuire un “periodo di prova”, con lo scopo di consentire ad entrambi di valutare la “convenienza” del rapporto di lavoro.

Durante o al termine del periodo di prova, entrambe le parti sono libere di recedere dal contratto di lavoro senza dover fornire alcuna motivazione e senza obbligo di dare il preavviso o di pagare la relativa indennità sostitutiva.

La legittimità del recesso “ad nutum” presuppone, tuttavia, che il patto di prova sia stato validamente costituito.

A tal fine, la clausola che prevede il periodo di prova deve essere, per legge, formulata in forma scritta e, secondo costante e maggioritaria giurisprudenza, contenere l’indicazione puntuale delle mansioni affidate al lavoratore così da consentire a quest’ultimo di avere ben chiare le attività su cui la prova sarà effettivamente svolta.

In alternativa, il datore di lavoro può fare riferimento al sistema classificatorio della contrattazione collettiva indicando all’interno della clausola relativa al periodo di prova, l’indicazione del profilo professionale attribuito al lavoratore secondo le declaratorie del CCNL applicato (C. Cass., Sez. Lav., 4 agosto 2014, n, 17591; C. Cass., Sez. Lav., 18 luglio 2013, n, 17587).

Quali sono le conseguenze per il datore di lavoro che receda ad nutum durante il periodo di prova previsto tramite una clausola priva dei requisiti di sostanza sopra richiamati?

Al riguardo, con sentenza n. 20239 del 14 luglio scorso, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha statuito che: “la nullità̀ della clausola che contiene il patto di prova, in quanto parziale, non si estende all’intero contratto ma determina la automatica conversione dell’assunzione in definitiva sin dall’inizio”.

Pertanto, in merito alle conseguenze connesse al licenziamento “ad nutum” intimato dal datore di lavoro in presenza di un patto di prova nullo, la Corte ha chiarito che «la trasformazione dell’assunzione in definitiva comporta il venir meno del regime di libera recedibilità̀ sancito dall’art. 1 l. n. 604 del 1966; in presenza di un patto di prova invalido, la cessazione unilaterale del rapporto di lavoro per mancato superamento della prova è inidonea a costituire giusta causa o giustificato motivo di licenziamento e non si sottrae alla relativa disciplina limitativa dettata dalla legge n. 604 del 1966; il recesso del datore di lavoro equivale, quindi, ad un ordinario licenziamento soggetto alla verifica giudiziale della sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo”.

Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, la lavoratrice rivendicava la nullità del licenziamento chiedendo l’applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015.

La Corte, disattendendo la richiesta della lavoratrice, ha invece ritenuto che «il recesso ad nutum in oggetto, intimato in assenza di valido patto di prova, non riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 3 d. lgs n. 23 del 2015 nelle quali è prevista la reintegrazione, resta assoggettato alla regola generale della tutela indennitaria».

La Corte di Cassazione spagnola si pronuncia a favore della deducibilità dei compensi degli amministratori

a cura di Enrique Rebés Félix

Pavia e Ansaldo SLP

 

Recentemente la giurisprudenza della Corte di Cassazione spagnola (il Tribunal Supremo) si è espressa in merito alla deducibilità dei compensi degli amministratori nell’ambito dell’Imposta sul reddito delle società. La sentenza dello scorso 27 giugno 2023 ha infatti chiarito aspetti importanti sul punto, che era stato oggetto nell’ultimo decennio di pronunce contraddittorie da parte dell’Agenzia delle Entrate spagnola (la Agencia Tributaria) e dei tribunali spagnoli di diverso grado.

Nel merito, la sentenza qui in commento si è pronunciata a favore della deducibilità ai fini dell’imposta sul reddito delle società degli importi corrisposti a due amministratori, che venivano remunerati dalla società sia in virtù della carica ricoperta che come lavoratori subordinati.

In particolare, nel caso di specie, sebbene fosse pacifico che gli emolumenti soddisfacessero i requisiti di corretta contabilizzazione e debito accreditamento, la deducibilità veniva contestata in base alla possibile qualificazione del compenso come liberalità e spesa contraria all’ordinamento giuridico, voci per cui è negata la deducibilità ai sensi della legge sull’imposta sul reddito delle società spagnola.

Tuttavia, la Corte ha rilevato che le remunerazioni a favore degli amministratori non possono essere considerate automaticamente una liberalità solo ed esclusivamente per il mancato rispetto di una formalità di natura societaria, come nel caso analizzato, in cui tali emolumenti non erano stati approvati dall’assemblea dei soci. E ciò in quanto, in primis, era stata dimostrata l’indiscutibile onerosità dei pagamenti e, in secondo luogo, poiché la forma e l’importo della remunerazione poteva essere desunta dalla redazione della relativa clausola statutaria.   Allo stesso modo, la Corte ha respinto la possibilità che il compenso potesse essere incluso tra le spese derivanti da azioni contrarie all’ordinamento giuridico (e, quindi, non deducibili a fini fiscali), poiché tale inquadramento è riservato esclusivamente a comportamenti manifestamente illegali, intesi in senso grave, come tangenti o atti analoghi.

A nostro giudizio, con la citata sentenza, la Corte lascia quindi spazio a un’interpretazione più chiara e meno rigida della disposizione della legge sull’imposta sul reddito delle società, che rifiuta la deduzione della spesa, consentendo di ritenere il compenso degli amministratori deducibile anche in presenza di difetti formali di carattere societario, a condizione comunque che le circostanze di ciascun caso permettano di concludere per la natura onerosa della remunerazione, nonché la determinazione del suo importo in conformità con lo statuto della società.

Superbonus: quali sono i nuovi cambiamenti che ci aspettano?

– Articolo a cura dell’avv. Enrica Caon – Studio Vis-Legis

Premessa
Il Superbonus approvato dal governo Conte aveva lo scopo di cambiare volto al vecchio parco edilizio italiano, ma passerà alla storia come una delle spese più importanti del bilancio pubblico, con benefici modesti rispetto alle risorse impegnate.
In discussione vi è una nuova modifica del Superbonus, le ipotesi sul tavolo attualmente consistono in un’ulteriore restrizione del perimetro delle cessioni e dello sconto in fattura.
Dall’altro lato si sta discutendo sull’allungamento del periodo della detrazione in dichiarazione, passando da cinque a 10 anni.
La proroga per i condomini potrebbe arrivare a breve, al momento la proroga riguarda solo le villette (31.12.2023).

I bonus edilizi e la Direttiva Case Green
Al fine di inquinare meno e permettere ai cittadini di risparmiare energia, il parco immobiliare italiano ha bisogno di adeguarsi ai nuovi standard delineati dalla non ancora definita Direttiva europea “Case Green”; difatti, in Italia oltre il 60 percento degli edifici residenziali è stato costruito più di 45 anni fa, come si vede dai dati forniti da Enea e riportati nella tabella di seguito riprodotta.
Per tale ragione, il governo Meloni pensa a un nuovo sistema dei bonus edilizi, riformando le detrazioni esistenti.
La riforma prevederà più aliquote di detrazione a seconda dei miglioramenti che raggiungerà l’edificio in questione, da ottenere attraverso interventi con vari livelli di priorità.
Nel disegno di legge sul riordino degli incentivi per ristrutturare casa sono elencate le spese che potranno essere detratte con i nuovi bonus edilizi e, in particolare:
• Isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate su edifici esistenti, che interessano “il loro involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento”;
• Sostituzione degli impianti di climatizzazione, con impianti a condensazione di classe A o pompe di calore o con impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici o con caldaie a biomasse a 5 stelle o tramite allaccio a sistemi di teleriscaldamento efficiente;
• Installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria, nonché di impianti solari fotovoltaici anche connessi alla rete elettrica e anche dotati di sistemi di accumulo;
• Incremento dell’efficienza e riduzione dei consumi idrici, nonché per la raccolta, eventuale depurazione, conservazione e riutilizzo delle acque meteoriche e delle acque reflue;
• Installazione di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica;
• Installazione di finestre comprensive di infissi, rispondenti a specifici requisiti di qualità. Non solo le finestre vere e proprie, ma anche porte di ingresso, porte e portoni da garage, e anche porte interne se contribuiscono a migliorare l’efficientamento energetico dell’edificio;
• Installazione di tende.
La cessione del credito e dello sconto in fattura verranno ripristinati ma non per tutti, e saranno consentiti per interventi relativi nella prima casa di abitazione e nelle parti comuni degli edifici condominiali per:
• I soggetti con un reddito fino a 50.000 euro;
• I soggetti in regime forfettario;
• L’aliquota della detrazione si ridurrà progressivamente per i redditi superiori a 80.000 euro fino al limite del 40 per cento della detrazione che spetterà ai redditi oltre i 150.000 euro. Per i “soggetti privi di capacità fiscale”, invece, la detrazione si applica al 100 per cento.
Ad ogni modo, occorre attendere gli sviluppi nelle prossime ore e nei prossimi giorni per avere un quadro completo dei cambiamenti.

Golden Power: benefici della nuova normativa sugli investimenti esteri in Spagna

a cura di Marc Alcolea Musicco, Pavia e Ansaldo SLP

Lo scorso 5 luglio è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale spagnola («BOE») il Regio Decreto 571/2023, del 4 luglio, sugli investimenti esteri –golden power (di seguito, il “Regio Decreto”).

Il Regio Decreto, che entrerà in vigore il prossimo 1 settembre 2023, oltre a procedere ad una organizzazione sistematica più definita delle categorie dei settori ritenuti strategici e degli investimenti che rientrano nella disciplina del golden power, rende più dinamica e flessibile la procedura.

Tra le modifiche introdotte, evidenziamo (i) la riduzione del termine a disposizione del governo spagnolo per pronunciarsi sulle richieste di autorizzazione (da 6 a 3 mesi), (ii) la previsione di una nuova consultazione volontaria preliminare e (iii) l’inclusione di determinate operazioni esenti.

Con riferimento a quest’ultima, le principali operazioni che potranno essere eseguite senza ricevere la preventiva autorizzazione delle autorità spagnole risultano le seguenti:

  • operazioni che prevedono l’acquisizione di capitale da parte di soggetti che, essendo già in possesso del 10% della società target, non determinano un cambio di controllo -inteso come la capacità di esercitare un’influenza decisiva – della società stessa;
  • operazioni di ristrutturazione interna nell’ambito di un gruppo di imprese;
  • determinate operazioni di investimento in società appartenenti a determinati settori strategici, a condizione che il fatturato della società non sia un superiore a 5.000.000 € nell’ultimo esercizio contabile.

 

Inoltre, segnaliamo che l’esecuzione di un’operazione senza l’ottenimento dell’autorizzazione, comporterà l’inefficacia del negozio giuridico e il divieto di esercitare diritti politici o economici nella società spagnola, oltre all’applicazione delle sanzioni indicate nello stesso provvedimento.

In questo contesto, il nuovo sistema di consultazione volontaria preliminare permetterà alle imprese di trasmettere una richiesta alla Direzione Generale di Commercio Internazionale e Investimenti spagnola («Dirección General de Comercio Internacional e Inversiones») circa la necessità di ottenere autorizzazioni preventive o meno rispetto a una concreta operazione. La risoluzione emessa dall’autorità sarà vincolante e darà certezza rispetto alla eventuale applicabilità della normativa qui oggetto di disamina al caso specifico.

Tuttavia, qualora si avvii l’iter sopra descritto, la richiesta di autorizzazione non potrà essere formulata finché non sia data risposta alla consultazione stessa o non siano trascorsi 30 giorni dalla presentazione della relativa domanda. Di conseguenza, sarebbe preferibile presentare la consultazione volontaria solo nel caso in cui ci siano forti dubbi sulla necessità di autorizzazione, al fine di evitare un eventuale rallentamento dell’operazione.

In conclusione, nonostante il Regio Decreto renda più agile e trasparente, l’applicazione della disciplina del golden power, vista la complessità del sistema di controllo degli investimenti stranieri, sarà altamente raccomandabile l’assistenza di consulenti esperti in materia di investimenti in Spagna.

La distinzione tra sostituzione di procura “propria” e “impropria” in Spagna

A cura di Maria de Medrano, Pavia e Ansaldo SLP

La sostituzione di procure è un negozio importante nel sistema giuridico spagnolo. Si tratta di un atto con il quale un procuratore, detto originario, viene sostituito nell’esercizio dei propri poteri da una terza persona, detta sostituto, in modo che sia quest’ultima ad esercitare i poteri della procura originaria in nome e per conto del mandante.

La Direzione Generale dei Registri e del Notariato spagnola, ora nota come Direzione Generale della Sicurezza Giuridica e della Fede Pubblica (di seguito, la “DGSJFP”), ha fornito indicazioni chiare sulla distinzione tra la sostituzione di procure “in senso proprio” e “in senso improprio”.

Nel caso della sostituzione di procura “in senso proprio“, il rapporto tra il mandante e il procuratore sostituito si interrompe e il sostituto entra in un rapporto diretto con il mandante. La procura del sostituto deve essere revocata e cancellata dal registro delle imprese. Questa sostituzione può avvenire solo se prevista espressamente o chiaramente dedotta dalle parti coinvolte.

Nel caso della sostituzione di procura “in senso improprio” o tramite subdelega, si instaura un rapporto tra il procuratore originario ed un subdelegato. Gli atti compiuti dal sostituto rimangono validi per conto del mandante e la procura del procuratore originario non viene annullata.

Si segnala parimenti che, più recentemente, in data 27 aprile 2023, la DGSJFP ha adottato una risoluzione di notevole rilievo che affronta la questione relativa alla sostituzione delle procure. In tal caso, due procuratori di una società a responsabilità limitata avevano conferito ad una terza persona il potere di esercitare simultaneamente alcune delle facoltà contenute nelle procure conferite in origine a loro favore. Il funzionario del registro imprese si rifiutava di registrare tali procure in modalità di subdelega, affermando che, alcuni poteri contenuti nelle procure dei due procuratori originari erano esercitabili a firma congiunta mentre altri a firma disgiunta. Di conseguenza, gli stessi procuratori non potevano sostituirsi l’un l’altro per l’esercizio dei poteri a firma congiunta affinché il sostituto li esercitasse a firma disgiunta.

 

Tuttavia, la Direzione Generale ha censurato questa decisione, sostenendo che i procuratori originari avevano espressamente il potere di subdelegare un terzo, in modo che alcuni dei poteri che i procuratori originari dovevano esercitare a firma congiunta potessero essere esercitati dal procuratore sostituto, in carica individualmente.

In definitiva, la recente decisione della DGSJFP ha stabilito che i procuratori congiunti possano conferire a loro volta procure a terzi per l’esercizio a firma disgiunta di determinati poteri. L’inversione della decisione del Registratore del registro delle imprese rileva quindi l’importanza di comprendere correttamente le regole e le distinzioni relative alla sostituzione delle procure nel contesto legale spagnolo.

È legittimo il licenziamento del dipendente che, nel periodo di assenza per malattia, tiene comportamenti incompatibili con la natura della propria patologia

A cura dell’Avv. Enrico De Luca e l’Avv. Luca Cairoli

Può configurare una violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà oltre che dei doveri di buona fede e correttezza l’ipotesi in cui il lavoratore, durante il periodo di malattia, tenga comportamenti che, per la loro natura, siano incompatibili con lo stato patologico accertato, tali da ritardare il rientro in servizio. In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 12994 del 12 maggio 2023.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore cui erano stati contestati la simulazione di un infortunio avvenuto sul luogo di lavoro e una serie di condotte tali, secondo la società datrice di lavoro, da causare l’aggravamento dello stato di malattia e da ostacolare la guarigione, con conseguente sottrazione illegittima alla prestazione lavorativa.

Il lavoratore impugnava il licenziamento intimatogli avanti al Tribunale di Catania, il quale riteneva illegittimo il provvedimento della datrice di lavoro sulla base dell’assenza di prescrizioni mediche a cui il lavoratore avrebbe dovuto attenersi che prevedessero una limitazione “nei movimenti o negli spostamenti o nelle attività quotidiane, essendogli stato prescritto solo un periodo di ‘riposo e cure’”.

La datrice di lavoro instaurava quindi il giudizio di secondo grado avanti alla Corte d’Appello di Catania la quale, in riforma della sentenza di primo grado, riteneva invece giustificato il recesso poiché, in relazione alla natura della patologia e delle mansioni del dipendente, le attività svolte da quest’ultimo durante la propria assenza dal lavoro dovevano considerarsi incompatibili con lo stato di malattia e tali da pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.

Secondo la Corte, il lavoratore – le cui condotte erano state accertate da un’agenzia investigativa incaricata dalla società datrice di lavoro – aveva “tenuto comportamenti (di protratta stazione eretta; di guida di auto, scooter o moto; di scarico e carico di scatoloni; di spazzamento del marciapiedi antistante l’esercizio commerciale intestato ai familiari; di ripetuti spostamenti a piedi; di montaggio con altri di un portabagagli sulla propria vettura; di carico e scarico di materiale edile) […] integranti una condotta incauta per inosservanza delle prescrizioni mediche di “riposo e cure”” e tali da aver, “con un elevatissimo grado di probabilità prossimo alla certezza, ostacolato e ritardato la guarigione”, “in violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede, integrante giusta causa di recesso datoriale”.

Il lavoratore, quindi, proponeva ricorso per Cassazione lamentando, tra altro, di non aver svolto alcun tipo di attività lavorativa o ludica, ma di aver solamente tenuto comportamenti riconducibili alle normali attitudini di vita quotidiana/familiare.

L’ordinanza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso proposto e ribadisce come la condotta del lavoratore che svolga altra attività durante lo stato di malattia violi “gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede […] anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio (Cass. 5 agosto 2014, n. 17625; Cass. 27 aprile 2017, n. 10416; Cass. 19 ottobre2018, n. 26496)”.

Gli Ermellini, inoltre, richiamando una recente pronuncia (Cass. 26 aprile 2022, n. 13063) sottolineano in particolare il ““peculiare rilievo” dell’“eventuale violazione del dovere di osservare tutte le cautele […] atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall’infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati […]”.

Sottoscrizione di atti notarili in Spagna tramite videoconferenza: nuova Ley de Digitalización

A cura di Adriano Belloni, Pavia e Ansaldo SLP

Lo scorso 9 maggio è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale spagnola («BOE») la nuova Legge 11/2023, del 8 maggio, denominata «Ley de Digitalización», relativa al recepimento della direttiva (UE) 2019/1151 sull’accessibilità di determinati prodotti e servizi, la migrazione di persone altamente qualificate, la fiscalità e la digitalizzazione dei procedimenti notarili e registrali.

Segnatamente, la legge modifica numerosa normativa spagnola in materia societaria, oltre ad introdurre nuovi aspetti relativi alla digitalizzazione dei registri spagnoli. In primis, occorre sottolineare l’introduzione della possibilità di sottoscrivere atti riguardanti società a responsabilità limitata davanti al notaio tramite videoconferenza.

Nella fattispecie, viene introdotta la sottoscrizione elettronica di atti notarili relativi alla costituzione e la notarizzazione di decisioni degli organi societari, oltre alla sottoscrizione di procure o autenticazioni di firme, fermo restando limitate eccezioni – come ad esempio, la sottoscrizione di procure generali o aumenti di capitale effettuato attraverso apporti in natura.

A causa della mancata concretezza della procedura tramite videoconferenza, segnaliamo che sarà necessario conoscere sia lo sviluppo normativo che la prassi notarile allo scopo di definire in dettaglio la suddetta procedura, tenendo conto che l’entrata in vigore delle misure in materia notarile è prevista per il prossimo 9 novembre 2023.

Sebbene si preveda la sottoscrizione dei citati atti notarili tramite firme elettroniche nella piattaforma elettronica dell’ufficio notarile, il notaio potrà richiedere all’interessato di comparire presenzialmente nel momento della costituzione della società a responsabilità limitata per motivi di interesse pubblico. A tal riguardo, il notaio dovrà precisare le ragioni nel caso in cui richieda di tale presenza.

Tra gli ulteriori interventi normativi è di grande rilievo la modifica apportata alla Legge sulle Società di Capitali (LSC) in merito ai divieti stabiliti per la nomina di amministratori. In particolare, la nuova legge stabilisce che la carica di amministratore dovrà prendere in considerazione qualsiasi interdizione o informazione pertinente in vigore in un ulteriore stato membro dell’Unione Europea. In tal senso, le modifiche in materia societaria sono entrate in vigore lo scorso 10 maggio 2023.

Successivamente, e assieme all’intervenzione telematica in ambito notarile, la legge adegua il funzionamento dei diversi registri (Registro Immobiliare, Registro Imprese e Registro dei Beni Mobili) ai mezzi telematici, oltre a garantire l’interconnessione con la piattaforma centrale europea del Registro Imprese. A questo fine, la legge prevede un lasso temporale notevolmente più ampio per l’entrata in vigore delle misure nell’ambito della digitalizzazione dei registri, prevista per il 9 maggio 2024.

In conclusione, la legge promuove una serie di riforme per adattare il quadro normativo spagnolo alla nuova realtà digitale, incoraggiando il processo di modernizzazione tecnologica con l’obbiettivo di rimanere all’avanguardia in Europa per quanto riguarda le infrastrutture tecnologiche.